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NETTUNO
OTTO/'900

Persone, storie e tradizioni
a Nettuno nel 1800-1900

di AUGUSTO RONDONI

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29 - L' Ombrellaro


Quelli di oggi sono motorizzati e spesso arrotano pure coltelli e forbici. Arrivano su vesponi e motocicli vecchi modelli, con la cinta di trasmissione tra motore e mola, oppure su di una giardinetta malandata, ma con tutta l'attrezzatura necessaria. Provengono principalmente dalle zone di Isernia e Campobasso.
Ieri, arrivavano in treno, coll'ombrello e tascapane a tracolla ed una grossa cassetta di legno, contenente l'armamentario del mestiere, su cui sedevano durante il lavori di riparazione. Caratteristici nel vestire, con pesanti vestiti scuri, scarponi, mantella e coppola alla montanara, s'istallavano quasi sempre a Piazza Colonna, davanti la casa di Brigida e si preannunciavano alle casalinghe, cantilenando ripetutamente:

OMBRELLAROO! CONCOLINE E PADELLE ACCOMODARE!

Si vedevano allora convergere presso di loro una sequela di donne con insalatiere e concoline a pezzi, ombrelli scappottati dal vento con stecche rotte, e padelle bucate col manico staccato. Siccome era un ambulante periodico, si spargeva presto la voce del vicinato e fuori, in breve tempo gli si ammucchiava una mole di lavoro notevole, per cui smetteva di canticchiare e con serafica maestria si accingeva alle riparazioni. Tra gli svariati ferri, l'arnese più importante era il "trapano a cordicella", col quale ricavava i buchi sui cocci, dove fissava le grappe di rame, che tenevano uniti i frammenti delle concoline, per passarvi poi uno smerdocco di scagliola e cemento, turando buchi e parti mancanti, e renderle impermeabili.
Le padelle bucate le rattoppava con dischetti di lamiera di ferro, più grande dei buchi, chiodate da ribattini di rame tutt'intorno e provvedeva ad accorciare i manici rotti per richiodarli coi ribattini in altra parte, avendo cura di turare i vecchi buchi con altra pecetta.
Le stecche rotte degli ombrelli in genere, le sostituiva con altre sane dì altri ombrelli rotti, altrimenti le incollava e stringeva con piccole fasciature in filo di ferro; gli strappi alle cupole li ricuciva a mano, col punto fitto a "lenzolo" e pecetta incollata sovrapposta oppure rappezzava i buchi, sempre con ago e filo, con lembi di altra stoffa che, guarda caso, non coincideva mai con lo stesso disegno e colore.





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