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I CORSARI DI
TORRE ASTURA

di Antonio Pagliuca

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16 - Sebastiano giannizzero del Sultano


Lo sciabecco che teneva prigioniero il nostro Sebastiano, attraccò all'unico molo di Finike a notte inoltrata.

Ne discese solo il Comandante, che avrebbe dormito a terra presso l'alberghetto nel quale dimorava durante la sosta al porto.

Prima di scendere, il capitano aveva parlato a Sebastiano e gli aveva rinnovato la promessa che si sarebbe interessato di lui; sperava di potergli dare qualche notizia, la mattina appresso, al suo rientro a bordo.

- thank you, very muchi - esclamò con trasporto Sebastiano, afferrandogli la mano.

- Doni mention iti (non c'è di che) - gli rispose schermendosi il comandante che si avviava veloce alla scaletta.

Quella notte Sebastiano tardò ad addormentarsi, benché la fatica del giorno fosse stata più sensibile che negli altri, perché, in previsione dello sbarco, la nave era stata ripulita e lustrata da cima a fondo.

Mille pensieri si affollavano nella sua niente, mille domande non potevano avere risposta! " A che cosa mi destineranno? - si chiedeva il giovanetto - alle dipendenze di chi?... Con che razza di gente dovrò trascorrere i primi giorni a terra?... Che dovrò fare? Come dovrei comportarmi?... Dovrò essere sempre sincero?... Mi converrà attribuirmi qualche anno di più per sollecitare un più rapido inserimento nell'esercito turco? ". Sebastiano si pose più volte quest'ultima domanda ed ogni volta convenne che sarebbe forse stato meglio dichiarare di avere sedici anni, anziché quindici: un anno in più o in meno non avrebbe influito gran che a modificare ciò che lo attendeva!

Dopo aver molto riflettuto, decise che la cosa migliore sarebbe stata quella di affidarsi alla divina Provvidenza che fino allora gli aveva dato segni evidenti di volerlo aiutare. La ringraziò di cuore ancora una volta, mentre recitava la preghiera della sera.

Si addormentò tardi, ma serenamente!

Fu svegliato dai raggi del sole che filtravano luminosi attraverso l'oblò. Essendo presto, la ciurma dormiva ancora.

Vegliavano solo quelli del turno di vigilanza che non facevano rumore per non destare i camerati.

Sebastiano si alzò, si lavò ed indossò gli abiti di foggia turca che l'amico cuoco gli aveva procurato e che si era provato con l'approvazione del comandante: mancava qualche capo, ma la mancanza non era tale da non farlo sembrare un giovane turco, con qualche trascuratezza nel vestire!

Il comandante dello sciabecco si fece vedere verso le dieci ed appariva contento: contentezza che si trasmise subito a Sebastiano il cui cuore incominciò a battere fortemente: " Quell'uomo - pensava - tiene in pugno la mia sorte ed
10 non so quale essa sia! "

Dopo aver impartito alcuni ordini ai suoi subalterni, il Comandante chiamò Sebastiano e gli disse in inglese:

- Allah, ti protegge, figliolo! Ho parlato col mio amico il quale ti assumerà in forza oggi stesso. Logicamente i primi mesi di vita militare non saranno rose e fiori: dovrai imparare il turco e trascorrere molte ore nella moschea per essere istruito, oltre che nella lingua, anche nella nostra santa religione.

Finché non diventerai giannizzero a tutti gli effetti, non potrai godere della libera uscita, non potrai aver stretti rapporti con i civili e non potrai prender moglie, perché la tradizione non permette ai giannizzeri di sposarsi, ma solo di avere delle concubine!

- Al reggimento troverai certamente qualche altro italiano, perché il reclutamento dei giannizzeri viene fatto soprattutto fra gli ex cristiani che i miei compatrioti hanno rapito e portato in Turchia. E' un corpo di fanteria appiedata, altamente specializzato, che costituisce il nerbo, la forza dello esercito turco. Sei un giovane forte ed intelligente e ti farai certamente strada; son sicuro che il mio amico, corbagi dei giannizzeri, ti tratterà bene. Io, comunque, verrò spesso a trovarti per constatare i progressi che farai. Mi sei simpatico e soffrirei se tu mi facessi fare brutta figura!

Detto questo, gli ordinò di seguirlo con i due marinai che erano in attesa, già pronti a scendere a terra.

Il cuoco lo salutò visibilmente commosso e gli altri marinai gridarono in coro:

- Ciao, Sebastiano; verremo a trovarti!

- Grazie, amici, - disse in italiano il nostro giovane, aggiungendo: - Salàm aleikuml

- Aleikum salami - replicarono col cuore i rudi seguaci del Profeta.

Il quartetto - il comandante, Sebastiano ed i due marinai di scorta - arrivò alfa caserma dei giannizzeri dopo un buon quarto d'ora di marcia.

Un alto muro di cinta circondava le tre palazzine poste su un lato di una piazza d'armi quadrata che superava due ettari di superficie.

La piazza d'armi a quell'ora era affollata di soldati intenti a varie esercitazioni; c'era chi faceva ginnastica respiratoria, chi marciava, chi correva, chi saltava, chi si esercitava in finti combattimenti con la scimitarra o con i bastoni. Le esercitazioni a fuoco avevano luogo in una zona disabitata, ad una decina di chilometri dalla citta di Finike. Durante la sua permanenza a Finike Sebastiano imparerà a conoscere quella zona palmo a palmo.

File di platani adornavano la caserma e davano ombra ai soldati nei momenti in cui erano liberi dalle esercitazioni.
La sentinella aveva salutato l'ufficiale di marina il quale comandò ai due suoi marinai di scorta di attenderlo all'ingresso. Egli, accompagnato dal capo-posto e seguito dal nostro Sebastiano, si avviò all'ufficio del corbagi Mahmut Belgin che strinse con trasporto la mano dell'amico, alla maniera europea, abbozzando un vago sorriso per Sebastiano che si era trattenuto sulla porta.

Il corbagi Mahmut Belgin era il tipico prodotto della sua terra: occhio vivido, capelli e mustacchi nerissimi, membra scattanti, nervose, espressione del viso rassicurante.

Della sua razza aveva ricevuto l'istinto del guerriero e l'indole del buon musulmano che sa mitigare la grinta con la spontaneità del saluto che il seguace di Maometto ti rivolge mettendosi la mano sul cuore per augurarti " pace e salute ".

Il libertinaggio, la spavalderia, la licenziosità, la furfanteria dei giannizzeri avevano trovato l'uomo che ci voleva per farli rigare dritti quando dovevano rigar dritto!

Si faceva vedere raramente per non familiarizzarsi troppo con quei ribaldi i quali, in verità, lo temevano al punto di essere contenti quando non lo vedevano.

Ma Mahmut Belgin era anche giusto e, per questa sua rara virtù era stimatissimo anche da chi riceveva staffilate per una punizione da lui inflittagli. Aveva, inoltre, un cuore d'oro di cui molti avevano avuto la prova, ma che pochi avevano individuato per l'innata virtù dell'uomo buono che vuole che la destra non sappia ciò che fa la sinistra!

Il capitano fece sedere l'amico, si sedette lui stesso ed esortò Sebastiano ad avvicinarsi.

Quando fu presso di lui, il nettunese disse:

- Salàm aleikum! - inchinandosi appena.

- Aleikum salami - rispose il corbagi soddisfatto, mentre osservava con attenzione il giovanetto.

Dopo aver scambiato alcune frasi con l'amico, che, logicamente, Sebastiano non capì, il capitano chiamò il piantone, riordinandogli qualcosa.

Ritornò alcuni istanti dopo in compagnia d'un soldato non più giovanissimo, ma robusto, il volto e le braccia sfigurati da cicatrici, mute ma eloquenti testimonianze di arrembaggi, di risse, di regolamento di conti con nemici ed ex amici.
Giunto alla presenza del capitano, il soldato si irrigidì nella posizione di " attenti! ", affatto tranquillo: sapeva bene che il capitano, quando chiamava qualcuno in ufficio, lo faceva per punirlo o per rimproverarlo!

- Giannizzero Soydan, da -oggi sei esonerato dal servizio di guardia e di piantone. Parteciperai alle esercitazioni collettive ed ai raduni della compagnia, ma il resto del tempo a tua disposizione lo dedicherai interamente a questo giovane soldato di leva. Essendo tu vissuto alcuni anni in compagnia di schiavi italiani, avrai pure imparato qualche parola di italiano, no?

- Sì, mio corbagi. Il capitano proseguì:

- Cerca di ricordatele tutte quelle parole, perché il giovanotto non conosce affatto il turco. Lo affido a te quest'incarico, perché, benché facile a menar le mani, sei meno zuccone degli altri ed hai portato sempre a termine gli incarichi che ti ho affidati... Lo farai vestire con una divisa nuova, e lo farai dormire nella brandina vicino alla tua, perché i male intenzionati non gli facciano i dispetti che son soliti fare ai nuovi arrivati. Procurerai che impari al più presto la nostra lingua e quanto di necessario sulla nostra santa religione. Ogni giorno, fin quando sarà necessario, lo accompagnerai alla scuola della moschea... Più che vigilare lui, io vigilerò te, ma interrogherò... A proposito, come si chiama? - domandò al suo amico ufficiale di marina -. Questo rivolgendosi a Sebastiano, gli domanda: ,

- What is your name?

- My name is Sebastian.

- Parla inglese il ragazzo? - intervenne il corbagi.

- Sì, abbastanza - rispose il lupo di mare.

- Wery well! Wonderfull! Meraviglioso! - esclamò soddisfatto il comandante dei giannizzeri che proseguì: - Ho cominciato a studiare quella lingua in Egitto, con un ufficiale inglese, ma non riesco ad andare avanti senza l'aiuto di qualche altro.

- Oltre che in inglese, il ragazzo è un portento anche in cento altre cose... Son certo che sarai contento di lui!

- Va. Conduci il giovanotto in fureria ed a visitare la caserma - disse poi il corbagi al giannizzero Soydan -. Dopo che gli è stato dato quel che occorre, presentalo agli altri. Andate!

Sebastiano fece un inchino ai due ufficiali, che gli sorrisero, e seguì Soydan.

Appena fuori dell'ufficio del corbagi, Sebastiano si fermò, si mise la mano sul cuore, come aveva visto fare e disse al camerata Soydan:

- Salàm aleikum!

- Lo stesso a Sebastiano - rispose, sorridendo, il giannizzero, con difficoltà; erano passati diversi anni da quando aveva parlato l'ultima volta con un italiano.

Poi Sebastiano e Nedim - tale era il nome di Soydan - incominciarono il giro della fureria, dei magazzini e della camerata per i preliminari necessari all'arruolamento ed alla prima sistemazione.

 



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