100libripernettuno.it




I CORSARI DI
TORRE ASTURA

di Antonio Pagliuca

HOME - OPERE

INDICE - 01 - 02 - 03 - 04 - 05 - 06 - 07 - 08 - 09 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33


1 - IL RAPIMENTO


Quel mattino di giugno il mare era calmo, placido, immobile, solleticato appena da un leggero soffio di brezza che ne increspava la superficie, sì che poteva vedersene il fondo.

Triglie rosate, sogliole, naselli, orate, dentici, spigole e razze, creature abituali del 'Tirreno, guizzavano felici, ed alcune emergevano di tanto in tanto dall'acqua limpida come per salutare e ringraziare l'astro celeste che inondava di luce e di piacevole tepore uomini, piante ed animali.

L'alba aveva colto i contadini di Nettuno già curvi sul biondo mare di grano, intenti a mietere, mentre i loro piccoli, incapaci di adoperare il falciuolo, coglievano fiori, bacche e more o, se presso la spiaggia, raccoglievano conchiglie e sas-solini per adornare e rifinire i loro castelli di sabbia.

Castellani e borghigiani (1) di Nettuno avevano allentato alquanto la loro vigilanza, poiché da alcuni mesi" nessun legno nemico era stato avvistato nelle loro acque.

Di tanto in tanto si levava nell'aria sonnolenta il tipico e malizioso canto dei mietitori le cui allusioni facevano arrossire le donne; talvolta il canto diventava dialogo a distanza fra mietitori dello stesso fondo o di due fondi confinanti; spesso erano le donne che cantavano, soprattutto le più anziane, ed il loro canto aveva per argomento la lontananza dell'uomo amato, il pianto di una giovane abbandonata, l'amore non corrisposto, la partenza del fidanzato per la guerra; erano canti di rimpianti, di speranza, di nostalgia, cantati quasi sempre in coro da voci abituate a cantare.

A mezzogiorno donne a frotte sciamavano per i campi verso i loro uomini, sorreggendo in testa grandi canestri coperti con mantili bianchi dentro cui venivano stipati pane, vino, minestra frittata, formaggi e pesce fritto.

Talvolta la frittata era sostituita da carne di pecora o di montone e, molto più raramente, da quella di agnello o di manzo.

Per consuetudine che durava da sempre, i mietitori si avviavano adagio adagio - come se fosse cattiva educazione correre per andare a mangiare - al posto dove " la padrona " aveva steso il mantile, preparato piatti e bicchieri e scodellato il primo dei tre o quattro piatti di minestra che spettava ad ogni mietitore. Prima di sedersi sui covoni che il padrone aveva disposto come sgabello intorno al desinare, lo stesso padrone intonava l'" Angelus " al quale rispondevano tutti in piedi dopo essersi tolto il cappello.

Il pranzo in campagna dei lavoratori della terra aveva l'andamento di una cerimonia sacra che non doveva essere disturbata: era un fito agreste nel quale si compenetravano anche i bambini che, come i grandi, non fiatavano, durante tutto il pranzo.

Con quella calura non era il caso di riprendere subito il lavoro; infatti gli uomini, dopo aver bevuto l'ultimo bicchiere di vino, si sdraiarono sulla stoppia poggiando la testa sur un covone posto orizzontalmente a mo' di cuscino, si coprirono il viso con il cappello o col berretto vecchio e liso o col fazzoletto che portavano al collo e si misero a sonnecchiare per una buona mezz'ora.

I bambini avevano ripreso a coglier more nelle fratte vicine, mentre alcuni di essi erano corsi alla spiaggia.
Le donne, dopo aver affastellato alla rinfusa le poche stoviglie negli ampi canestri di vimini, si erano messe a raccoglier frasche e sterpaglie da riportare a casa per il fuoco.

Senza accorgersene, Teresa, la moglie di Berardo Ricci, si era inoltrata nel folto del bosco non solo per raccoglier legna, ma anche per cercar refrigerio in quella canicola che le mozzava il fiato.

In una radura, presso la spiaggia, Teresa si fermò per rimproverare i due figlioletti di Giovanni Petrucci i quali, per cercar farfalle e more, si erano allontanati un bel po' dal podere del padre.

Improvvisamente i tre furono circondati da cinque uomini sbucati dal folto degli alberi senza far rumore. Per meglio mimetizzarsi fra gli alberi indossavano una specie di lungo saio di color verde.

Erano uomini forti, giovani, decisi, di cui due erano armati di archibugio, mentre gli altri tre impugnavano le tipiche scimitarre turche ricurve dalla lama affilatissima.

La povera donna ed i due ragazzetti restarono di sasso nel vederseli comparire. Per la paura, la piccola Assunta, di quattro anni, incominciò a balbettare piagnucolando, ma un omaccione dai folti mustacchi e dagli occhi di fuoco la zittì con una guardataccia che avrebbe fatto paura ad un lanzichenecco.

Due di essi, afferrata Teresa, la imbavagliarono e la trascinarono, attraverso il bosco, alla spiaggia vicina; la poveretta cercava di divincolarsi dalla stretta dei due energumeni, ma era fatica sprecata; il ragazzo e la ragazzina, attanagliati dalle manacce degli altri due manigoldi, seguirono la povera donna, incapaci di pronunziare una parola.
Sulla spiaggia cera un altro omaccione, vestito come gli altri figuri, che gettava in acqua le frasche che mimetizzavano un'esile barca, stretta e lunga, tinta di verde-mare.

In men che non si dica, la donna e i due ragazzi furono issati nella lancia, legati insieme con la corda e guardati a vista dai due uomini che avevano trascinato Teresa. Gli altri quattro, liberatisi dei sai verdi ed afferrati i remi, iniziarono a dorso nudo una regata spasmodica verso sud per sfuggire agli eventuali inseguitori e per non incrociare la Feluca che aveva il compito di vigilare il tratto di mare da Torre Astura ad Ostia.

Erano attesi dal loro potente sciabecco che sostava nei pressi dell'isola di Ponza, il quale avrebbe fatto frequenti puntate verso Torre Astura e Foce Verde per accogliere i marinai razziatori ed imbarcare " cristiani " e bottino nel caso che la sortita avesse avuto un buon risultato.

Questa volta i razziatori della mezzaluna furono davvero fortunati: dopo due ore di corsa, lo sciabecco, che si fregiava del nome dì " II Califfo ", prese a bordo la lancia, i sei predoni ed il frutto del loro eroismo: una povera donna e due ragazzi storditi, pallidi, gli occhi segnati dal terrore!

 

 

NOTE
(1) I castellani erano quelli che abitavano dentro le mura, i borghigiani, invece, quelli le cui case erano poste fuori le mura di cinta.

 



AUTORIZZAZIONE CONCESSA DALLA FAMIGLIA PAGLIUCA

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta e trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico,
meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti.