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I CORSARI DI
TORRE ASTURA

di Antonio Pagliuca

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9 - Preoccupazioni alla corte del Sultano


II primo mese di schiavitù di Teresa, di Leonardo e di Assunta coincise con la permanenza de Il Califfo nel porto di Antalya, cosicché il suo comandante, il nostro Ismael Kanìa, salvo frequenti ispezioni alla nave e brevi visite agli uffici della marina militare, trascorreva la maggior parte delle sue giornate in casa, in compagnia della famiglia, ma anche di amici e di parenti. Tutte le mattine, però, dopo la prima preghiera canonica nella moschea, si recava con un bel calesse nei propri poderi a far visita ai suoi contadini, alle sue mandrie, alle sue cose. Si informava di tutti e di tutto e sapeva dare i giusti consigli ed i non meno giusti rimproveri a chi li meritava.

Era un uomo che non sapeva cosa fosse l'odio: poteva inquietarsi, esplodere d'ira per un istante, ma il suo sorriso cordiale ed accattivante ristabiliva subito i buoni rapporti con tutti.

Conduceva sovente con sé anche il suo Azim e Leonardo col quale scambiava brevi frasi per costatare i suoi progressi nella lingua turca. Talvolta si faceva tradurre in italiano alcune frasi d'occasione e chiedeva il nome italiano delle cose più interessanti che gli capitava di avere sottocchio e sotto mano.

Si interessava molto della sua salute, del progresso negli studi, del modo come trascorresse il tempo libero, delle difficoltà che incontrava quando era costretto a sostituire un pastore per qualche ora.

Si era affezionato a Leonardo, perché lo trovava educato e perché il ragazzo dimostrava con i fatti e col comportamento di saper apprezzare i favori che riceveva da tutti i componenti della famiglia che lo ospitava; il capitano era contentissimo anche di Teresa e di Assuntina che lo chiamava " zio Ismaele "

Mentre i numerosi schiavi presenti ad Antalya si riconoscevano per le vesti strappate e rattoppate per l'ostentazione di servilismo verso i padroni e verso i liberi cittadini, i nostri vestivano in modo decente e pulito e rifuggivano da ogni gesto od atto che potesse sembrare men che dignitoso.

Leonardo, poi, aveva frequentato per molti anni la scuola parrocchiale con il parroco, don Domenico Aulete, il quale gli aveva insegnato ad essere virtuoso, prima che studioso, anche se la parentela fra virtù e studio è così stretta che non si può essere virtuosi senza studio né studiosi senza virtù.

Leonardo possedeva, inoltre, una voce ben intonata e conosceva un nutrito repertorio di inni sacri e di canzoni più o meno folkloristiche; non per nulla aveva fatto parte fin da piccolo della Schola cantorum della chiesa di San Francesco, officiata dai frati minori conventuali, che era sempre gremita di fedeli anche per il bel canto che accompagnava la messa cantata e le altre sacre funzioni. Un mattino, nell'orto, mentre strappava le erbacce dalle piante di fagiolini, intonò una romanza molto in voga alla fine del settecento; la romanza era così bella ed il ragazzo la cantava così bene che Abdullah ed Ismael si avvicinarono senza farsi vedere... Accortosi della presenza dei padroni, Leonardo smise di cantare, ma il vecchio lo pregò di cantare ancora. Ripreso il canto, Leonardo fu circondato da tutta la famiglia, comprese le piccole Selma ed Assuntina che, su due ponies scorrazzavano sui viali. Udito il canto, si erano prima nascoste, poi, visto che tutti erano intorno al piccolo cantore, si fecero avanti anch'esse per applaudirlo.

La licenza del capitano fu interrotta cinque giorni prima della scadenza, perché al El Kalifa fu ordinato di recarsi subito in un porto del Mar Nero.

L'ottimo sultano, Selim II, intuendo che la conquista della Crimea da parte dei russi nel 1783 aveva accresciuto il pericolo di uno scontro armato fra la Russia e l'Impero Ottomano, pose in essere tutte le sue risorse per non farsi trovare impreparato.

Pur riconoscendo alla Russia il possesso definitivo della Crimea col trattato di Jasi, questa non era ancora contenta e si disponeva all'ulteriore smembramento dell'impero ottomano con l'Austria; per fortuna, la rivoluzione francese prima e le guerre napoleoniche dopo, tenevano entrambe le nazioni troppo impegnate altrove per permettersi il lusso d'una nuova guerra contro la Sublime Porta.

E' bene tener presente accidenti, incidenti e coincidenze di quegli anni, poiché qualcuno e più di qualcuno di essi ha influito direttamente o indirettamente sullo svolgimento del nostro racconto.

Quelli erano anni che non davano requie a nessuno.

Le idee della rivoluzione francese avevano come banditori i reggimenti del generale Bonaparte che sembrava volesse ripetere le gesta di Alessandro Magno, di Annibale e di Cesare uniti insieme!

La grande Caterina, zarina di tutte le Russie, non riteneva che le idee della rivoluzione francese potessero diffondersi fra i suoi sudditi, ma, tuttavia, volle prendere delle precauzioni: imbavagliò la stampa, proibì la diffusione dei libri francesi ed obbligò i francesi residenti in Russia a prestare il giuramento di odio contro i principi democratici.

Inebbriata dai relativamente facili successi degli ultimi anni, fra cui l'occupazione di mezza Polonia e della Lituania, la zarina progettò un'operazione militare che sa di follìa: voleva impossessarsi di tutte le terre comprese fra il Golfo Persico ed il Mar Caspio. Conquistata la Persia - pensava - si sarebbe aperta la via di Costantinopoli, l'attuale Istanbul. Il successo avrebbe permesso alla Russia di commerciare come voleva con l'oriente e di mandare alla malora gli interessi commerciali dell'Olanda, della Francia e della stessa Inghilterra. Questa, però, venuta a conoscenza dei disegni della zarina, la minacciò ottenendo l'assicurazione che le operazioni di guerra che l'esercito russo stava per intraprendere non avrebbero nociuto affatto all'Inghilterra ed alla sua politica; anzi, con l'aiuto degli inglesi, la Russia inviò un'armata sul Reno per partecipare alla grande lotta dell'Europa contro la Francia: in tal modo Caterina avrebbe potuto realizzare l'ambizioso sogno di annientare le idee e gli effetti della rivoluzione francese.

L'esercito russo destinato alla grande conquista del vicino oriente, dovette attraversare un immenso territorio, fra mille difficoltà, sicché solo un terzo dell'armata potè prendere contatto col nemico. La Persia fu presto conquistata, ma il suo sovrano, Mahomet Kan, stimando che le sue truppe non erano alla pari con quelle dell'esercito invasore, adottò la tattica del lento ripiegamento dopo aver bruciato tutto. I russi si erano ridotti a solo 18.000 uomini! Caterina mandò dei rinforzi, ma la morte recise la sua vita e mandò in fumo la sua spedizione!

Per bilanciare le mire espansionistiche e pericolose della Russia e dell'Inghilterra, Napoleone decise la campagna d'Egitto.

La Turchia, colpita nel vivo da quella spedizione, fu costretta ad allearsi con l'Inghilterra, con gli Imperi Centrali e con la stessa Russia per scacciare il Corso dalla terra dei Faraoni.

Durante quegli anni il capitano Ismael Kania aveva partecipato con la sua nave a molte azioni di guerra distinguendosi sempre per coraggio, per valore e per tempestività; era temuto, ma rispettato per le virtù guerriere e per quelle civili di cui era dotato.

Durante la campagna d'Egitto fu nominato capitanò di vascello e qualche anno più tardi contrammiraglio.

La vigilia della partenza per una missione nel Mar Nera,, il nostro comandante aveva trascorso l'intera giornata con la moglie, con i figli e col vecchio genitore.

Erano tempi brutti, quelli: tempi di lotte e di lutti! Tutti avvertivano il maggior pericolo dei mesi futuri. Alle otto cenò con i suoi e con gli schiavi italiani; fu invitato anche Ali Turi che si sarebbe imbarcato col comandante.

Dopo cena, abbracciò tutti, facendo ad ognuno raccomandazioni particolari. Belkis e Teresa si ebbero una cordiale stretta di mano e Assuntina un bacio con pizzicotto sulla guancia.

Ali Turi che temeva per la sua pelle, visto che il Comandante quando era in mare " andava a-cercarseli i guai ", sì commosse quando venne il suo turno degli addii. Sottovoce scongiurò in italiano gli Italiani, perché pregassero la Madonna per lui.

- Donna Teré - disse - se 'n ce penza a' Maronna, chi ce po' penzà ad Ali Turi? - Poi aggiunse sforzandosi di sorridere - Maometto tene i guai suoie e se sta a divertì con le Uri... Saccio che la Maronna nostra è buona e prega pe chi soffre quaggiù. Pregate e fate pregare i guaglioni. Arnvederci a presto!-

- Così voglia Dio - replicò la buona donna. - Che Dio vi protegga e vi accompagni. Ali Turi -. Poi aggiunse sospirando - Se, per caso, la guerra ti portasse in Italia, avverti il parroco o chiunque altro di andare dal mio povero marito per rassicurarlo... Se, per caso, dovessi incontrare anche mio figlio Sebastiano...

La povera donna non potè terminare la frase!

Dopo una breve permanenza nelle acque del Mar Nero, il capitano assunse il comando di una mezza galera, armata potentemente, col compito di perlustrare il mare fino al Canale d'Otranto ed al Canale di Sicilia insieme ad altre navi della flotta turca.

Il Mare Mediterraneo pullulava a quei tempi di navi inglesi e turche e non mancarono, oltre a vere e proprie azioni di guerra, numerosi atti di pirateria, soprattutto da parte di navi del sultano, protette da quelle di Albione, col cui aiuto nel 1800 occuparono l'isola di Ponza.

Atti di pirateria c'erano stati da sempre nel Mediterraneo, ma le guerre li resero più frequenti nell'ultimo decennio del diciottesimo e nel primo decennio del diciannovesimo secolo, nei due decenni, cioè, in cui si svolgono i fatti più importanti del nostro racconto (6).

 

NOTE

(6) Le cronache del tempo, infatti, riferiscono che:
- nell'anno 1800 i pirati turchi occupano l'isola di Ponza;
- negli anni 1801-1802, Nettuno, Anzio e tutti i paesi della costa vivono in allarme per il pericolo di invasioni da parte dei pirati turchi;
- il 10 giugno 1802, i turchi entrano in una casa in località " Grottacce " e rapiscono un quattordicenne (il nostro Sebastiano, che sarà uno dei protagonisti nella seconda parte di questo romanzo);
- 15 giugno 1802. I pirati turchi, su otto "lance", sbarcano a " Capo-lace ", devastano la chiesa di S. Andrea e distruggono le fortificazioni;
- 16 giugno 1802. Grossi sciabecchi turchi nel mare di Nettuno;
- 1810-1813. Nettuno cade sotto il dominio dei francesi e subisce il cannoneggiamento della flotta inglese: saccheggi e devastazione. L'arciprete, don Alessandro Sguzzi, preferisce l'esilio al giuramento di fedeltà alla Francia.
- 24-6-1814. Don Alessandro Sguzzi ritorna a Nettuno, dall'esilio.

 



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