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IL BASEBALL, LA SUA

STORIA E NETTUNO

Maria Antonietta Marcucci
Luciana Della Fornace
Sante De Franceschi

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9 - I "Nove uomini d'oro"


 

Horace Mc. Garity


Horace Mc. Garity, allenatore del B.C.Nettuno dal 1950 al 1954

L'abilità, la bravura della compagine difensiva, pressoché impenetrabile, è stata, fin dall'inizio, la vera forza del "Nettuno". La ragione degli innumerevoli successi che hanno costellato i primi campionati, stava appunto nella superiore qualità del gioco d'assieme oltre che nelle doti individuali che caratterizzarono il valore della formazione nettunese; il vero, grande artefice di tutto questo fu l'allenatore Horace J. Mc. Garity, che ha saputo, con grande maestria, modellare la squadra, portandola ad un grado di fusione eccezionale. I "suoi ragazzi" giocavano soprattutto in difesa, con "una disinvoltura straordinaria dando sfoggio di classe e di abilità tecnica, profonda cognizione del gioco, prontezza di esecuzione".

 

Il lanciatore Carlo Tagliaboschi


Il lanciatore Carlo Tagliaboschi

Il numero uno della squadra, Carlo Tagliaboschi, univa alle sue doti di freddezza e di potenza, un ottimo braccio e un fisico ben costruito; costantemente all'altezza di ogni azione difensiva, fulmineo nelle coperture e nelle assistenze, amante del "brivido" che sapeva trasmettere al pubblico "sparando" all'ultimo istante la palla, con la quale si era trastullato e bruciando il corridore a un passo dalla prima. Il pitcher mancino del "Nettuno" era dotato di un lancio micidiale, univa la sua potenza all'abilità di far battere gli avversar! in modo facilmente intercettabile. I battitori, molto spesso in difficoltà di fronte ai suoi sliders, erano soprattutto sconcertati dalla velocità delle sue palle che avevano un sorprendente effetto naturale.

 

Il ricevitore Tonino Marcucci


Il ricevitore Tonino Marcucci

Completava la batteria il ricevitore e capitano della squadra Antonio Marcucci, che fu, negli anni cinquanta, il più esperto e tecnico giocatore che abbia occupato il difficile posto dietro il battitore. Profondamente cosciente di ricoprire uno dei ruoli più importanti nel meccanismo del baseball difensivo, essendo il solo uomo in campo che può osservare bene lo svolgimento di qualsia-si azione, sapeva, con perizia e capacità, dirigere il gioco di diamante. Attento e abile nello studiare il battitore in modo da rilevare e scoprire la sua forza di battuta ed i suoi punti deboli. Per molti anni, la sua preparazione e la sua maturità tecnica, ne hanno fatto l'anima, il cervello, il punto di forza della squadra: il "miglior ricevitore italiano" dirà il giornalista Paolo Carboni. E Alberto Manetti lo definì "il ragioniere che faceva del ruolo di catcher una calligrafica finezza da atleta computista". Con il lanciatore Tagliaboschi ha avuto, per oltre un decennio, un affiatamento assoluto e un'intesa perfetta. Ha creduto fermamente nel futuro del baseball italiano ed è vissuto in questa sua fede. A chi lo ha conosciuto ed apprezzato, ha lasciato il ricordo della sua forza serena, della sua modestia, della sua semplicità, della sua allegria ("...il sorriso buono di Tonino Marcucci..." dirà Giancarlo Mangini). La figura di questo splendido atleta rimarrà nella mente e nel cuore di molti che difficilmente lo dimenticheranno.

 

Pietro Caranzetti 1a base


Pietro Caranzetti 1a base

Ad appoggiare la batteria, stava il diamante: il prima base Pietro Caranzetti, alto, agile, mancino, "terribilmente impegnato", con una buona potenza di tiro; possedeva un'abilità incredibile nell'agguantare i rimbalzi delle battute basse e una straordinaria capacità di impadronirsi della palla anche nei passaggi male eseguiti con il magico guanto calamitato. La precisione dei rilanci, la prontezza di riflessi che devono essere le doti principali di un prima base, unite alla sua serietà e alla sua dedizione, hanno fatto di Pietro Caranzetti uno dei giocatori più prestigiosi della compagine del B.C. Nettuno.

 

Franco Verlezza, 2a base


Franco Verlezza, 2a base

Il seconda base Franco Verlezza fu, nel suo ruolo, eccezionalmente abile, anche se breve è stata la sua brillante carriera sportiva. Senza scomporsi, riusciva a muoversi sulle battute un attimo prima degli altri; era gia in movimento nel momento in cui la palla usciva dal guanto del pitcher: sapeva sempre quale lancio egli avrebbe fatto. Dotato di un braccio potente e capace di tirare da ogni posizione, sapeva anticipare con prontezza le azioni offensive: in una parola "giocava con la testa".

 

 

Franco Camusi 3a base


Franco Camusi 3a base

Fausto Camusi, l'indimenticabile difensore del "sacchetto bollente", costituiva, insieme all'interbase Nino Macrì, un vero e proprio muro difensivo. Riservato, modesto, con una totale, struggente passione per il baseball, è stato per oltre 15 anni l'indispensabile terza base nettunese. Con una incredibile velocità di mani e di piedi, recuperava palle impossibili, assistendo in prima o in seconda con delle secche, precise "fucilate", sempre al momento giusto sulla palla, abile nel prendere le smorzate, le battute basse e violente, le palle rimbalzanti. "Il baseball è stata la vera, grande passione della sua vita" dirà di lui l'allenatore Mac Garity. . ,

 

Nino Macrì, interbase


Nino Macrì, interbase

Nino Macrì, il miglior interbase del baseball degli anni cinquanta, ha ricoperto il difficile ruolo di shorstop, sul quale convergono i giuochi più difficili, da vero fuori classe. Scattante, grintoso, aggressivo, estremamente concentrato, era capace di coprire un arco incredibile di terreno; preciso nel tiro,, stupefacente nelle prese, di una agilità straordinaria, ha compiuto nei suoi dieci anni di gioco un numero incredibile di eliminazioni e di assistenze; fulmineo nei tiri sottomano e laterali, velocissimo nello "schizzare" sul cuscino di seconda per poi effettuare rapidamente il lancio in prima per il doppio gioco: un vero e proprio uragano!

 

 

Memmo Benedetti, esterno


Memmo Benedetti, esterno

Infine gli esterni che avevano tutti e tre i requisiti dei fuori classe: abilità e forza nel lancio, notevole sicurezza nella presa, potenza nella battuta: Memmo Benedetti possedeva il braccio lanciante forte e preciso: le sue incredibili prese al volo, le "impossibili" assistenze a casa base, facevano letteralmente impazzire il pubblico sugli spalti; possedeva le qualità dell'out fielder di classe: rapidità, coraggio, velocità.

 

Enzo Masci, esterno


Enzo Masci, esterno

Enzo Masci, veloce sui piedi, rapido e potente nei tiri, era soprattutto eccezionale nella presa delle palle rimbalzanti e radenti. Potente picchiatore, possedeva le doti del battitore nato. Dei "nove" è l'unico giocatore che ha sul suo medagliere tutti gli "undici" scudetti del Nettuno.

 

Aldo Cannucciari, esterno


Aldo Cannucciari, esterno

Infine Aldo Cannucciari, con gli occhi buoni di fanciullo e le doti innate da autentico campione: pronto e deciso nella presa, potente e preciso nel lancio, calmo e sicuro nella battuta, con una tecnica che si è andata sempre più affinando negli anni.

 

Questi dunque i "nove uomini d'oro" del primo club della storia del baseball nettunese: uniti nello stesso amore per uno sport al quale hanno dato gli anni migliori della loro vita e, al tempo stesso, legati da amicizia profonda, stima, devozione e affetto fraterno, hanno formato, per quasi un decennio, l'imbattibile squadra del "Nettuno B.C.", impenetrabile in difesa, brillante in attacco.

Sono i "nove" campioni d'Italia del 1951, '52, '53, '54, '56, '57, i "nove" che per primi sono stati Campioni d'Europa nel 1954: sono i "nove" che hanno dato vita ad una tradizione sportiva gloriosa e senza fine.

 

Sulla strada da loro tracciata, altri giovani hanno saputo "proseguire" con lo stesso coraggio, con lo stesso spirito di sacrificio e con indiscutibile valore; dal più ricco vivaio italiano, infatti sono venuti fuori giocatori magnifici: per loro merito il "Nettuno" è ancora oggi tra le squadre più prestigiose d'Italia.

 

Il lanciatore Maurizio Casaldi


Il lanciatore Maurizio Casaldi

 

Un posto particolare tra i grandi del baseball nettunese, spetta di diritto a molti di loro: a Mariano Casaldi che è "cresciuto" sotto la guida esperta di Mac Garity; tecnicamente ben impostato, possedeva uno stile naturale, esteticamente piacevole che, col passare del tempo, si è andato sempre più perfezionando; ad Andrea e Antonio Caiazzo; ad Alfredo Lauri e Pietro Monaco i due "enfantes prodiges" del baseball nettunese; a Enzo Lauri, Gianpaolo Mirra, Franco De Renzi, Giorgio Costantini, Bruno Laurenzi il fuoricampista "Campione d'Ottobre"; Sergio Morville, Stefano Bernicchia, Paolo Catanzani, Claudio Scerrato; i fratelli Sandro e Leonardo Camusi eccellenti continuatori di una tradizione familiare antica; a Ruggero Bagialemani degno erede dei leggendari difensori dell'angolo caldo, potente nel box di battuta.

 

Giampiero Faraone


Giampiero Faraone

Un altro astro che per lungo tempo ha brillato nel firmamento del baseball nettunese è Giampiero Faraone, giocatore fuori-classe dal 1957 al 1972 ed ottimo allenatore della squadra fino al 1980. Classificato come miglior battitore della serie nazionale negli anni 1963, '65, '66 '67, come miglior esterno nel 1962; come "giocatore più utile della serie A" nel 1965, è stato uno dei giocatori più completi. Conoscitore profondo del gioco in tutte le sue sottigliezze, ha allenato la squadra con decisione e fermezza, guadagnandosi la devozione e l'amicizia dei suoi giocatori e l'ammirazione degli stessi avversari che lo hanno stimato come uomo, come giocatore, come tecnico. E per queste sue doti, a coronamento della sua lunga carriera, è venuta la nomina a Manager della nazionale italiana.

Con questi giovani e con i giovanissimi che già calcano i diamanti dei vari campi che numerosi sono sorti nella periferia di Nettuno, il baseball tirrenico continuerà a scrivere pagine gloriose nella storia di questo sport, che, dal momento in cui ha cominciato a vivere, ha entusiasmato gli sportivi nettunesi e non solo, ma una intera città che è stata sempre all'altezza della sua grande tradizione basebollistica proprio per il valore e la bravura di questi suoi figli.

Fin dai primi campionati nazionali, giocatori americani hanno fatto parte delle squadre italiane di baseball. Il regolamento dava ad ogni società la possibilità di cartellinare un massimo di tre e di questi, solo due potevano essere contemporaneamente schierati in campo e mai potevano ricoprire il ruolo di lanciatore. In seguito, oltre ai giocatori stranieri, le norme federali hanno previsto l'inserimento in squadra di giocatori oriundi da utilizzare anche sul monte di lancio. Per il 1983 le squadre della Serie Nazionale potranno cartellinare uno straniero e tre oriundi, oppure quattro oriundi e nessuno straniero.

I nomi più famosi, i giocatori più prestigiosi che, nell'arco di trent'anni, hanno fatto parte della squadra del "Nettuno B.C." sono tutti nel nostro ricordo e nel nostro cuore. Come potremmo dimenticare Jimmy Del Sole e il ,suo magnifico swing? Contro la sua mazza terribile i lanciatori avversari non sapevano più cosa lanciare. Piazzava la palla dove voleva e molto, molto spesso, fuori della rete! E poi: Robert Trautman, il dinoccolato gentiluomo della Pennsylvania; e Armando d'Agostino, forse il primo oriundo della storia del baseball, pazzamente innamorato dell'Italia, suo paese d'origine; e Keweun R. Brown, Phliph Samp; Wilson e Krattzer che hanno portato un contributo notevole con la loro classe e con la loro tecnica; e ancora: Bradley, Hayes, Clement Sanders, il favoloso fuoricampista, il gigante nero, uno dei migliori shorstop che il "Nettuno" abbia avuto; Steve Rum formidabile sia sul monte di lancio che in battuta; Ed Oliveros, il primo atleta del club nettunese a vincere il "Trofeo Antonio Marcucci" come giocatore più utile della serie nazionale 1980; e Maty Stadjuhar, e Laribee. A loro e a quanti ancora calcheranno i diamanti italiani e nettunesi, va il fervido ringraziamento di tutti gli appassionati, per la loro abilità, la loro preparazione, per la dedizione, l'entusiasmo che hanno sempre dimostrato. Molto spesso hanno dato "spettacolo", hanno vivificato e reso interessanti tanti campionati, contribuendo a far "crescere" il baseball italiano.

Accanto ai nostri ragazzi, aiutandoli a migliorare, sostenendoli, insegnando loro le tecniche d'oltre oceano, hanno reso il gioco più affascinante, più spettacolare. Anche e soprattutto da loro, gli atleti italiani hanno appreso quello che Babe Ruth voleva che tutti i giocatori di baseball sentissero con convinzione assoluta, con fede profonda: "...Ognuno di noi, che cammina nella vita, sarà più pronto ad aiutare il compagno se sul campo di baseball avrà imparato che un lanciatore può lanciare anche il suo cuore insieme alla palla e che qualcuno dovrà pure fermare in qualche modo le palle radenti e qualcun altro arrampicarsi sul recinto del campo per agguantare quelle al volo e poi andare a battere e fare qualche punto, altrimenti il lavoro del lanciatore non sarà servito a nulla. È come in una famiglia, in un gruppo di fratelli, che lavorano insieme per raggiungere la stessa meta...".

E per questo, noi li ringraziamo!





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