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PAOLO SEGNERI

NOVELLE MORALI
ELOQUENTISSIME

NEL TERZO CENTENARIO
DELLA MORTE 1694 - 1994

a cura di
QUINTO MARINI

Ugo Magnanti editore

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LA VITA DI PAOLO SEGNERI


 

Paolo Segneri nasceva a Nettuno il 21 marzo 1624 da Francesco, appartenente alla piccola nobiltà locale ma di origine fiorentina, e da Vittoria Bianchi, romana, educata da suore e probabilmente non senza aspirazioni alla vita monastica prima di dover accettare ia decisione dei genitori per il matrimonio. Paolo fu il primo di diciotto fratelli.
Molto probabilmente imparò a leggere e a scrivere a Nettuno con lusinghiero e rapido profitto, se il padre lo inviò a Roma a studiare presso il Collegio romano, ormai celebre in tutta la Chiesa, quando il ragazzo non aveva ancora raggiunto gli undici anni di età. Divenne alunno-convittore del Seminario romano, cioè pagante la retta mensile, mentre i seminaristi poveri erano mantenuti dal Seminario. Era quindi un collegiale, ammesso probabilmente prima dell'età regolamentare, solitamente di dodici anni. Visse questi anni della fanciullezza con gli altri collegiali, separati dai seminaristi, nell'edificio che dal 1793 viene detto Palazzo Borromeo, vicinissimo al Collegio romano. Qui frequentò le tre classi di grammatica (infima, media e suprema). I risultati ottenuti e soprattutto il suo comportamento maturo e fervoroso nella vita del collegio gli permisero di essere ammesso anticipatamente nel Noviziato dei Gesuiti di S. Andrea al Quirinale il 2 dicembre 1637. Contava soltanto tredici anni e otto mesi. Perciò, per essere ammesso, si dovette chiedere una dispensa dal Generale dell'Ordine Muzio Vitelleschi, non avendo ancora superato il quattordicesimo anno. Da questi dati si può dedurre che egli appariva un ragazzo precoce, sul quale i suoi educatori e maestri nutrivano speranze sicure. Finiti i due anni di noviziato ed emessi i primi voti semplici e perpetui verso l'inizio del 1640, dovette completare gli studi letterari di latino e di greco, frequentando per due anni i corsi di umanità e di retorica, terminati i quali affrontò il triennio degli studi filosofici. Ma prima dì iniziare lo studio della teologia, il giovane Paolo venne impegnato per un triennio all'insegnamento delle lettere nello stesso Collegio romano, probabilmente della grammatica. Quindi, sempre allo stesso Collegio, studiò probabilmente teologia per quattro anni, conclusi con l'ordinazione sacerdotale, che ricevette nei primi mesi del 1653, a circa ventinove anni di età. La morte del padre, avvenuta il 3 giugno dell'anno seguente, lo buttò nello scoraggiamento e nella desolazione. Quando reagì, chiese di insegnare in un'umile classe di grammatica presso un piccolo collegio. I superiori lo inviarono a Pistoia ad insegnare nel II anno (media). Ma non si contentò dell'insegnamento, perché, essendo già sacerdote e avendo compiuto una prima esperienza di missione rurale in Val d'Arno durante il terzo anno di probazione, verso la Pasqua del 1653 si fece conoscere dalla popolazione con qualche predica e con l'esercizio della Buona Morte, alla quale volle aggiungere la comunione generale. Forse fu questa semplice esperienza a fargli scoprire definitivamente la sua vocazione missionaria e di predicatore. Avendo già assimilato durante gli anni di umanità e di retorica al Collegio romano gli aspetti formali dei discorsi classici con l'analisi delle orazioni di Cicerone e di Demostene e la loro imitazione in composizioni proprie, si immerse in uno studio intenso della Scrittura e dei Padri della Chiesa per la preparazione del suo Quaresimale. Un tale studio lo portò all'esaurimento, dal quale riuscì a venire fuori, ma con la menomazione ulteriore dell'udito che non era stato mai eccellente e di cui soffrirà per tutta la vita. Verso il 1660 o poco dopo, mentre faceva gli Esercizi Spirituali annuali, venne profondamente scosso da una di quelle esperienze religioso-interiori che trasformano un'esistenza. Una voce decisa e penetrante gli ripetè: -Voglio che ci amiamo vicendevolmente". Allo stesso tempo comprese che la sua vita spirituale di missionario e religioso doveva inquadrarsi in un

programma riassumibile nelle cinque parole: povertà, ritiramento, orazione, penitenza, esame, che sintetizzò con le iniziali in PROPE e che tenne visibile nella sua camera e incisa nell'animo. Nel lóól predica il Quaresimale a Piacenza con un grande successo. Ormai arriva alla certezza della sua vocazione di missionario in Italia, soprattutto nelle campagne, che sarebbero state la sua India, visto che gli era stata negata la missione tra gli infedeli che egli aveva ardentemente chiesto ai superiori generali.
Alle missioni popolari Paolo Segneri dedicò oltre ventiseì anni della sua vita, dalla fine del 1664 alla fine del 1691.
Difficile quantificare con esattezza il numero effettivo delle singole missioni celebrate col sistema della missione "centrale", che durava dai sei, agli otto e ai dieci giorni, secondo la località. Approssimativamente si può dire che ogni anno le missioni cominciavano dopo la Pasqua e finivano solitamente nel mese di ottobre. Durante questi mesi il Segneri teneva da vénti a ventidue missioni della durata indicata, per cui in ventisei anni di lavoro apostolico potè predicare più di cinquecento missioni popolari. Le missioni erano preparate accuratamente. Il vescovo che invitava i missionari inviava una lettera ai vi-cari foranei e ai parroci, annunziando la missione e chiedendo di preparare il popolo. Il Segneri, accettato l'invito, studiava la topografia diocesana e stabiliva i centri delle diverse missioni; quindi, ricevute tutte le facoltà necessarie dal vescovo, si recava alla parrocchia-centro della prima missione, con la quale erano collegate almeno quattro parrocchie vicine. Si iniziava la missione al lunedì mattina e veniva conclusa la domenica seguente al pomeriggio. Si passava subito al secondo centro, che era non lontano dal primo, in modo tale che le diverse missioni in una diocesi erano collegate l'una all'altra e la diocesi, durante un mese circa, sì trovava in stato di missione. Con questo metodo tutta la diocesi veniva scossa dalla predicazione e dalle cerimonie relative. I missionari non erano più di due. Paolo Segneri ebbe per compagno fisso il pistoiese Giovan Pietro Pinamonti, che lo conobbe profondamente e ne lasciò una testimonianza particolareggiata e sicura. I momenti salienti della missione erano questi: la processione penitenziale notturna, dopo le prediche, che si concludeva in una chiesa, dove i soli uomini si flagellavano insieme ai missionari, mentre le donne erano rientrate a casa; la confessione generale, per la quale si reclutavano anche quaranta confessori ben scelti; la comunione generale, durante la quale si distribuivano anche le prime comunioni a fanciulli e fanciulle precedentemente ben preparati; la predica finale dei ricordi, alla quale confluiva una folla grandissima. Per muovere e commuovere le masse contadine si faceva ricorso anche a un genere di predicazione e di scenografia drammatica come il dialogo con un teschio, oppure con il crocifisso; ad aiutanti che portavano gli strumenti della Passione -corone di spine, flagelli, catene al collo -; alla flagellazione vera e propria, cui il Segneri ricorreva per convertire i più duri o per ottenere il perdono e la riconciliazione tra famiglie nemiche. Gli effetti sul piano della coscienza religiosa non mancavano. Non è possibile valutare quantitativamente i frutti delle missioni segneriane e la loro efficacia nei tempo, tenendo conto delle decine di migliaia di persone che seguivano e partecipavano alla missione. Anche le cifre dei partecipanti non possono essere che approssimative; ma testimoni oculari valutarono le masse che si accalcavano ad ascoltare le prediche del missionario gesuita da un minimo di dìciottorm-la, a una media di trentamila, a un massimo di settantamila in Liguria e di centomila nella missione di Bologna, dove alla grande popolazione cittadina si unirono quelle dei paesi vicini. Certamente l'oratoria del Segneri era travolgente e altamente drammatica, capace di commuovere profondamente le masse fino a forme oggi inconcepibili.
Paolo Segneri non si contentò di predicare instancabilmente tra la Pasqua e l'autunno di ogni anno. Durante i mesi invernali scrisse, oltre al suo Quaresimale, operette morali, ascetiche, devozionali e apologetiche. Non si possono ricordare tutte, ma soltanto le principali. Una sintesi delle istruzioni tenute nelle missioni per le confessioni è // penitente ìnstruito (1669), mentre // confessore instruito (1673) è indirizzato ai confessori considerati da lui, sia come giudici che devono essere in possesso di una scienza notevole e di una grande prudenza, sìa come medici che devono cercare di guarire le anime. // cristiano instruito nella sua legge (1686) tende alla riforma dei costumi del cristiano e a farlo vivere coe-rentemente con la propria fede. A combattere l'ateismo, invece, è orientato l'opuscolo dedicato a Gian Gastone de' Medici L'incredulo senza scusa (1690), che intende provare l'esistenza di Dio, il cristianesimo come unica vera religione e la Chiesa cattolica come l'unica vera Chiesa di Cristo. Infine, scrisse un opuscolo anche per i giovani parroci, dopo averne conosciuto tanti nelle missioni, // parroco instruito (1692), e dettò le meditazioni per ogni giorno dell'anno con La manna dell'anima (1673-1680), che conobbe molte edizioni fino al secolo scorso. Ben preparato in teologia e formato con gli Esercìzi ignaziani a una spiritualità robusta, Paolo Segneri entrò in poìemica con Miguel de Molinos, combattendone il quietismo pseudo-mistico con la Concardia tra la fatica e la quiete nell'orazione (1680), che gli amici curiali del Molinos riuscirono a far mettere all'Indice dei libri proibiti (1081). Ma, condannato Molinos con le sue teorie, il libro venne tolto dall'Indice. Era un segno della stima di cui Segneri allora godeva a Roma.
Innocenzo XII, che apprezzava o il grande missionario, lo volle a Roma come predicatore apostolico. Un ufficio che esercitò soltanto due anni e che gli costò molto, perché doveva scrivere tutte le prediche e impararle a memoria pur essendo ormai vicino ai settanta anni. Venne nominato anche esaminatore dei vescovi, ma rinunziò, soprattutto per la sua sordità. Dovette tuttavia accettare l'ufficio di Teologo della Sacra Penitenzieria e di Qualificatore del S. Ufficio (10 gennaio 1693).
Eppure, anche in questi ultimi anni aveva nostalgia delle sue missioni popolari, quando, fedele alla povertà religiosa e apostolica richiestagli dalla sua esperienza del 1660, si recava da un centro all'altro delle singole missioni e nelle diverse parrocchie, camminando a piedi scalzi, con una tonaca povera e predicava vivendo in penitenza e poveramente senza pesare sui parroci, secondo lo stile di S. Paolo, ri-nunziando al mantenimento dovuto all'apostolo. Quelle missioni, condotte ai limiti delle forze fisiche, erano state più gratificanti interiormente e apostolicamente delle prediche forbite e molto apprezzate dal papa, tenute ai prelati della curia, sul nazionalismo, la politica e l'uso dei soldi superflui. Il 9 dicembre del 1694 la morte concludeva la sua vita di fatiche apostoliche eroiche, di lavoro intellettuale e di servizio al papa accettati e vissuti ìgnazia-namente per "far frutto nelle anime",

Mario Pois S. J.





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