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PAOLO SEGNERI

NOVELLE MORALI
ELOQUENTISSIME

NEL TERZO CENTENARIO
DELLA MORTE 1694 - 1994

a cura di
QUINTO MARINI

Ugo Magnanti editore

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02 - LA SIGNORA DI CROTONE


In Crotone, nobil città di Calavria, sul fine appunto del secolo precedente, si trovò una donna tra le più illustri1, la qual pur troppo sé dotata scorgendo di beltà rara, di affabilità, di avvenenza; di tali doni alteramente in ogni luogo abusavasi ad onta del donatore2; ma specialmente ciò facea nelle chiese, dove per altro parca ch'ella non intervenisse, che per esservi idolatrata-1. Ne fu più volte seriamente ammonita, ma sempre indarno: onde state a udire il gastigo che al fin sortì. Se ne stava ella di sera ad una gran festa, che si tenea nel suo nobile vicinato, quando improvisissimamente sorpresa fu da alcune doglie di viscere, ma tanto insopportabili, ma tanto impetuose, che fu costretta a mettere grida orrende, a divincolarsi, a dibattersi, a smaniare: sì che tutta a un tratto la festa si scompigliò, ed ella a braccia fu ricondotta sino alla casa paterna, già più simile a morta, che a tramortita. Furono in somma fretta chiamati di notte i medici, adattati fomenti, applicate unzioni, ma senza prò; che però come in caso ornai deplorabile, non altro restò più, che ricorrere a' religiosi, ultimo rifugio alla fine di que' medesimi, che già gli avevano a vile4, e spesso anche a sdegno. Viene a lei per tanto uno di essi, uomo assai discreto; e cominciando soavemente a trattarle di confessione, l'esorta a volere ornai detestar cordialmente que' vani amori, e quelle licenze, e que' lussi, per cui Dio forse le avea voluto mandare un tale accidente, qual amorevole avviso. Mirò la donna con viso torbo5 colui che così dicevate; e pigliando anzi superbamente a difendere i suoi peccati, nessun senso affatto mostrava di pentimento, nessuna compunzione, nessun cordoglio: a tal che l'altro giudicò necessario di porsi assai di proposito a dimostrarle quanto a Dio fosse in dispiacer quella vita da lei menata, perché le venisse in orrore. Stette per un pezzo la femmina ad ascoltarlo con sofferenza. Quindi, fattasi in volto come una fùria, che uscisse allor dagli abissi, s'invelenì, s'infierì, e poi proruppe con estrema arroganza in queste parole: "Se Dio mi vuole, qual io mi sono, mi pigli, se no lascimi stare"; e rivoltate al sacerdote le spalle, cominciò rabbiosa a muggire, né parlò più. Inorridissi il sacerdote a risposta, non so se più disperata, o se più superba, e immaginatevi che quante mai seppe d'arte tutto egli usò, per curar quella delirante. Ma considerando alla fine che non valevano, né ad atterrirla le austere6, né ad ammollirla le amabili fu, tutto afflitto, necessitato a lasciarla in preda a que' suoi furori, e a dipartirsi. Fra tanto il padre dei-la giovane, che l'avea veduta trattenersi da per sé sola col confessore sì lungo tempo, si credè ch'ella con una confessione pienissima, perfettissima, avesse sodisfatto ampiamente alla sua coscienza, e però presto mandò ad ammonire il curato, non consapevole ancor di nulla, perche venisse senza indugio a portarle, coni' è costume, il sacro Viatico7. Ed ecco, appena spuntata l'alba, il buon curato sollecito se ne viene, con un grandissimo accompagnamento di gente, stordito al caso di morte tanto impensata. Ma io qui sì che vorrei un'energia, un'efficacia, pari al successo8, che mi resta da raccontare. Non prima il sacerdote comparve con la sacra pisside in mano avanti la stanza, dove si giacca la malata, che subito dalla finestra di contro si levò un furiosissimo vento, che gli serrò con un impeto dispettoso le porte in faccia. Corsero i servidori per riaprirle, ma ben tosto ebbero spaventati a fuggire. Perché si cominciò repentinamente a sentir dentro quella camera un tal fracasso di strascinate catene, un calpestìo di piedi, un dibattimento di mani, una confusione di voci cosi tartaree9, che ben pareva essersi quivi racchiuso un piccolo inferno. Si scompigliò a quel remore Impaurito tutto quel popolo, che colà s'era adunato, si dissipò; e il sacerdote dopo avere alcun tempo aspettato indarno, deliberò di fare anch'egli alla sua chiesa ritorno col Santissimo Sacramento, che non mai egli in pugno, o serbò più caro, o strinse più fortemente, tanto fu l'orror, di cui tanto avea colmo il cuore. Partito ch'egli si fu, tra pochissimo d'ora cessò lo strepito, si mitigò lo spavento, e così riuscì finalmente di aprir le porte con somma facilità. Ma o che ferale spettacolo allora apparve! Parca che tutta fosse stata la camera messa a ruba: spezzata la lettiera, sconvolto il letto, abbattuto il bel padiglione10: le casse tutte eran sossopra rivoltate per terra: tutte gettate parimente per terra le vesti più preziose, disperse anella, disperse ambre, disperse acque odorifere. Ma quello che sopra tutto metteva orrore, era la donna, la quale ignuda sul pavimento, già esanimata, già estinta, ma con un volto sì spaventoso a mirarsi, che ben vi si potea leggere su la fronte descritta la dannazione. Lascio a voi giudicare qual fosse il cuore di quel povero padre a un tale spettacolo. Scongiurò tutti i domestici a non volere, almen per riputazione, svelare il fatto: e poi presto presto, fatte alla deferita celebrare private esequie, la fé' di notte seppellire in sacrato. Ma che? Credete voi che la chiesa volesse in seno ritener morta colei, dalla quale avea ricevuti sì gravi oltraggi? Non già, non già. Ecco la mattina seguente vien data nuova" all'afflittissimo padre, che la figliola giaceva all'aria insepolta. Egli la fece allor seppellire in diversi luoghi. La fece seppellire in un campo tra le pietre d'una muriccia; e quindi ancor la terra l'escluse. La fece seppellire in un lido tra le arene del mare; e quindi ancora la terra la vomitò. Sì che vedendo che non potea trovar modo di levarsi dinanzi quell'obbrobrioso cadavere, montò il padre alla fine in furore altissimo, ed esclamò: "Se così è, vengano dunque i demonii, e via si portino nell'inferno anche il corpo di mia figliola, da che v'han l'anima"! Non tardarono questi a gradire il dono. Venne uno stuol di diavoli, quasi stormo avidissimo di avoltoi, e come è fama anche grande in quella città, si portò seco con una festa propriamente infernale quell'infelice cadavere, non mai più comparso indi innanzi, se non a chi sia pur voluto andar là giù a ritrovarlo in quell'alto rogo, dove esso brucia, senza che però mai si possa ridurre in cenere.

* Quaresimale, Predica XXIII, -Nel Lunedì dopo la IV Domenica" (ed. cit., pp. 404-25).
La predica riguarda il "mal costume di quei che sogliono praticar nelle chiese con tanto poco di religiosità e di rispetto". Nella prima parte prova che Dio è ovunque, ma il luogo particolare del suo culto è nelle chiese, campo della sua misericordia e non della vanagloria umana (i cristiani "d'oggidì" sì recano nei luoghi di culto addirittura per peccare e per far peccare, cosa inaudita presso i cristiani antichi e presso gli stessi pagani). Dopo un'aspra invettiva,

la seconda parte della predica è occupata dalla narrazione di questo orrìbile avvenimento, che deve spaventare i profanatori delle chiese e ricordare che in esse dovranno esser sepolti i loro corpi (cfr. pp. 421-4).

1 Nel testo secentesco la novella è così inserita nella predica: "Sentite ciò che succedette in Crotone, nobil città di Calavria, sul fine appunto del secol precedente, ed inorridite. Si trovò quivi una donna fra le più illustri..." (ed. cit., p. 421).

2 Donatore: Dio.

3Esservi idolatrata-, farsi guardare con ammirazione.

4 Gli avevano a vile, li disprezzavano.

5 Torbo: torvo, minaccioso.

6 Austere, severe (sott. arti di convinzione).

7 Viatico: eucarestia amministrata ai moribondi.

8 Successo: avvenimento.

9 Tartaree: infernali.

10 Padiglione, baldacchino posto sopra al letto.

11 Nuova: notizia.





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