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PAOLO SEGNERI

NOVELLE MORALI
ELOQUENTISSIME

NEL TERZO CENTENARIO
DELLA MORTE 1694 - 1994

a cura di
QUINTO MARINI

Ugo Magnanti editore

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5 - SVENTURATA FINE DI DUE AMANTI


In una città principale della Sicilia si trovò, non ha molto, una certa fanciulla1, la quale da principio più vana2, che lasciva, si pose a guardare un giovane studente forestiere. Ma da quei guardi, benché non fossero altro che scintille, se n'accese poi in progresso di tempo tanto gran vampa, che vi rimasero inceneriti ambedue; perciocché attaccatasi a poco a poco tra loro una conversazione pur troppo libera, la fanciulla era divenuta una dissoluta, lo studente un discolo. Quel che accresceva però il male all'ultimo segno, era la madre, la quale in vece di spegnere questo fuoco sì puzzolente, vi versava sopra dell'olio, sollecitando la figliuola, in cambio di raffrenarla, e permettendole ogni maggiore indecenza. Ecco le belle madri, che si trovan talora, non madri, ma tigri spietate delle loro giovani! Mirate però, come il peccato introduce seco di compagnia tutte le disgrazie! Si abbattè a passare1 dalla casa dell'amica il giovane appunto in un giorno nel quale egli si era cavato sangue; e invitato dalla malvagia compagna a salire le scale, non seppele dir di no. Si cenò dunque allegramente, e allegramente, dop'esser pieni l'uno e l'altro di vino e di disonestà, si diedero in preda al sonno. Ma il sonno questa volta non fu immagine della morte4, fu morte vera: imperocché dormendo il giovane, gli si sciolse, come talora accade, la fascia intorno al salasso; si allargò di nuovo la ferita, si aperse la vena, e il sangue tutto, agitato e commosso da1 passati disordini, cominciò ad uscir fuora sì largamente, che lo studente infelice venne prima a morire, che a risvegliarsi. Frattanto si risente'5 la compagna, e trovando ogni cosa sangue, tenta di destar l'amante, ma invano; finché acceso il lume, mirò con orrore lo spettacolo funesto del suo peccato, punito in sì strana forma. Pianse allora senza misura, non solo la morte del giovane, ma il pericolo ancor della propria vita, se le fosse trovato in casa il cadavere; onde consigliatasi colla madre, deliberarono amendue di strascinarlo alla meglio che si potea, dinanzi alla porta della chiesa vicina, prima che si facesse più giorno. Seguì tutto prosperamente: sicché aperta la chiesa, fu collocato quel morto in una bara alla vista di ognuno, discorendosene tra la gente come di un giovane ucciso forse la notte da' suoi rivali. Fin qui la giustizia divina aveva arrivato6 un solo. Rimanea l'altra: complice dei delitti, se non più rea. Ed ecco, che essa ancora, indurata nella sua colpa, venne ad incorrere una pena non punto dissomigliante. Era riuscito alla madre e alla figliuola il celare con felicità la loro ignominia, cavandosi di casa a tempo il cadavere, come avete udito pur ora. E nondimeno impazzata di amore e di dolore, la giovane non trovava luogo, e manifestavasi co' pianti e con le strida a tal segno, che la madre per racchetarla, la menò in chiesa, quasi una del vicinato, tiratavi come l'altre dalla sola curiosità. Ma troppo andaron falliti questi disegni! Alla vista dell'amante disteso su quella bara, risuscitato vie più e riacceso Pamor della miserabile, la fé' dare in sì alta disperazione, che tratto prestamente un coltello fuori di tasca, e gridando in pubblica chiesa: "Io sono quella, che ho dato morte a costui, son io, son io: io merito di morire", si diede un colpo dalla banda7 del cuore, e cadde anch'essa, compagna folle in seguitare il suo vago*, come gli era stata già guida in tirarlo al male.

 

* II Cristiano instruito nella sua legge, Seconda parte, Ragionamento decimo (ed. cit., pp. 89-96). Il Ragionamento "Sopra la durezza del cuore cagionata dal peccato" analizza le -tenebre dell'intelletto" e il raffreddamento della volontà prodotto dalla colpa. Con vari esempi vengono illustrati i deleteri effetti del peccato sull'uomo-, una sorta di processo degenerativo conduce alla finale infelicità, spesso insopportabile per lo stesso peccatore, come vuole appunto dimostrare il presente "avvenimento di grande orrore" (cfr. par, XVI, p, 93).
1 La fonte di questo racconto - indicata dallo stesso autore -è, come quella della novella IV, la raccolta secentesca di esempi morali in latino di Nicio Eritreo, Exempla virtutum et vitiorum, cap. CLXXI.
2 Vana: vanitosa.
5 Si abbattè a passare-, passò per caso.
4 Immagine della morte-, il sonno è definito "imago mortis" con metafora poetica, poi diventata di uso comune.
5 Si risente-, si risveglia.
6 Aveva arrivato-, aveva raggiunto, colpito.
7 Banda: parte.
8 Vago: amato.





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